In un momento di crisi senza precedenti, in cui un terzo dei sardi sono sull’orlo della povertà di non ritorno non voglio tornare sul perché ci troviamo in questa situazione, di chi è la colpa, quali sono i danni e soprattutto le vittime che sono perite in questa guerra al contrario. Non ho tempo tanto meno la voglia di perdere tempo a fare lo storico della crisi.
Rimane il fatto, incontestabile, che la crisi ha segnato profondamente la nostra Isola negli aspetti più intimi e devastanti. Ha ucciso la speranza di poter rialzare la testa: non sembra più possibile riuscire a trovare lo sbocco da un tunnel secolare dove la rassegnazione è diventata parte del paesaggio, come il mare e le campagne, e noi pecore di contorno.
Il danno è enorme e culturale. Una regione che da generazioni vede la propria terra motivo di orgoglio ma non di reddito, oggetto da vendere o affittare ma non da usare per viverci.
Guardiamo con compassione i pastori e le loro greggi quando viviamo e lavoriamo in ovili call center o città pollai a guadagnare soldi da spendere per godere del tempo libero e del mare che è nostro di diritto (e fortuna di essere nati qui).
Generazioni intere costrette a vivere fuori dalla loro realtà perché il progresso è studiare e trovare un lavoro che faccia guadagnare tanti soldi.
Ecco, qui mi fermo.
E’ questo il progresso?
Lavorare come asini 11 mesi l’anno per godere di uno striminzito mese di ferie da finti ricchi o da dignitosi poveri?
No, il vero progresso è vivere, evolversi come specie umana, tramandare la propria storia ai figli, farli, i figli.
Come?
Ripartendo dalla persone come unità fondamentale della società. Non dal reddito che possono creare, ma dal loro essere umani.
La terra è la nostra fortuna, di incomparabile bellezza, ricca di prodotti unici, scrigno di tradizioni e di cultura millenaria.
Milioni di persone al mondo vorrebbero conoscerla, statene certi.
Ho visto con i miei occhi turisti rapiti dalla bellezza di uno scorcio che a noi sembra ovvio, ammaliati da un piatto tipico che a noi fa storcere il naso, strabiliati dalla natura sfacciatamente meravigliosa.
Questa gente potrebbe diventare la nostra unica e sola risorsa, cambiando il modo d’intendere turismo e cultura.
Una destinazione non si sceglie solo perché è bella, perché è economica, o perché ce lo propone Tripadvisor.
Si sceglie per quella curiosità inoculata sottopelle da una foto, da un racconto, da un prodotto gustato, da un sorriso di una conoscenza fugace.
Quelle sono le persone da cercare come tartufi preziosi, perché sono quelle che apprezzeranno il tuo prodotto e saranno i tuoi ambasciatori nel mondo.
Come trovarli?
Creando una filiera corta completa, umana e digitale.
Turismo non è solo trasporto, accoglienza, ristorazione, cultura.
E’ energia a basso costo, accoglienza diffusa, ristorazione con prodotti a km zero, cultura raccontata dalle persone che vivono nei luoghi, infrastruttura digitale.
Nulla di tutto questo esiste.
L’energia è cara.
Incredibile come una regione come la nostra, paradiso di sole e vento, non riesca a sfruttare in proprio queste risorse senza svenderle alle multinazionali spesso colluse con la mafia. Un piano energetico regionale non faraonico, ma localizzato prima nelle piccole realtà per renderle autonome e magari per creargli un reddito da investire nel proprio territorio.
L’accoglienza diffusa.
I grandi alberghi hanno importanza, certo. Ma non siamo una Regione che possa caratterizzarsi come la Costa del Sol, Rimini o Miami. Siamo la Sardegna, realtà di piccoli agglomerati urbani che i turisti vogliono conoscere così, senza snaturare la vocazione minimalista e caratteristica della nostra architettura. Centri Storici come quello di Cagliari o di Sassari, dove centinaia di appartamenti sfitti invecchiano, intristiscono e rendono spenti quartieri spettacolari, devono essere valorizzati incentivando l’apertura di affittacamere e B&B ad esempio togliendo IMU e TARSU per dieci anni e contemporaneamente disincentivando lo status di sfitto con tasse più alte.
Identica soluzione per le attività commerciali e di ristorazione ubicate nelle vicinanze. Rivitalizzare i centri storici con i turisti non è impossibile, e gli albergatori non devono avere paura della concorrenza. Chi va in B&B non è un suo cliente.
Ristorazione con prodotti a km zero.
Incentivare i ristoratori a usare i prodotti a km zero è facile. Organizzare un sistema di ristorazione che usi i prodotti della Regione facendo sì che chi li usa possa essere pubblicizzato, consigliato, messo in condizione di intercettare i turisti che alloggiano nelle strutture ricettive diffuse. Anche per questi un sistema di detassazione comunale convincerebbe anche i più scettici.
Cultura raccontata.
Raccontare un territorio, la sua cultura, le sue tradizioni, non può prescindere dall’educazione degli abitanti di quei luoghi. La creazione di una memoria collettiva, di un orgoglio condiviso, di una fruizione gratuita dei luoghi di cultura da parte della popolazione Sarda è elemento imprescindibile dalla formazione di quegli infopoint umani ambulanti che possano servire ancor meglio il turista, oltre ad avere una funzione sociale e di appartenenza alle proprie tradizioni. La Regione dovrebbe finanziare l’accesso gratuito a tutti i luoghi di cultura e professionalizzare sempre più gli esperti quali guide e orientatori turistici.
Infrastruttura Digitale.
Tutto questi concetti diventano cavalli al galoppo senza guida se non recintati e messi in condizione di diventare purosangue da gara.
Le infrastrutture digitali sono fondamentali per la riuscita di un progetto di tale portata.
Wifi gratuito per tutti, per garantire l’accesso alle informazioni e all’organizzazione delle stesse.
Banche dati organizzate in moduli standard che permettano la catalogazione delle attività tangibili e dell’intangibile, replicabili nelle varie realtà anche differenti ma dialoganti con il medesimo linguaggio e piattaforma di visualizzazione.
Unico strumento che acquisisce i dati dalle banche dati locali e le mette a disposizione del mondo, con un sistema di visualizzazione vocato sia al marketing che alla fruizione dei luoghi.
Sistema di prenotazione di qualunque cosa, dal viaggio, alla sistemazione, alla ristorazione senza però essere strumento ma solo scelta dell’acquisto del prodotto scelto che poi sarà perfezionato sul contatto accreditato del fornitore del servizio.
Regione come garante, non come soggetto competitor.
Comuni come garanti delle attività del proprio territorio.
Cittadini come garanti della propria terra.
Ci vuole una rivoluzione.
Vi prego, #cambiamolaSardegna
non è il caso di fare lo storico della crisi.Grandi idee, anche semplici se vuoi, perchè la rabbia stà sul fatto che non servono grandi investimenti o idee faraoniche.Mi duole pensare che molte di queste idee erano nell’agenda del precedente governatore , sopratutto in campagna elettorale, contro il nano sceso in terra Sarda ad affiancare un’inutile Capellacci.La crisi era tutta colpa di Soru (con tutti i suoi peccati), che non permetteva cementificazioni e ribadiva la volontà di promuovere l’interno per prolungare e favorire un turismo diverso.
A questo punto mi chiedo : potrà mai l’attuale classe politica attuare mai un piano in questa direzione? Chi Oppi & C. ? Nutro qualche dubbio.
questa crisi ha creato il mostro più terrificante e difficile da combattere, dici bene, il non avere più sogni e speranze, la difficoltà di pensare che un domani ci possa essere e possa essere diverso da oggi
Sono Stefano e sono di Iglesias, la cittadina italiana più povera nel 2010-2011 e non oso immaginare nel 2012.
Neolaureato in Giurisprudenza, parlo Inglese e Spagnolo, faccio volontariato da tre anni nel sociale e ho collaborato all’organizzazione di eventi culturali e al primo Pride in Sardegna. Sono appassionato di comunicazione su social media, scrivo per riviste di videogiochi e al giorno d’oggi non ricevo risposta neanche dai call centre ovile-pollaio di cui parli nel blog.
La Sardegna sarebbe un OTTIMO bacino d’utenza per il turismo arcobaleno, notoriamente piú tranquillo e più “spendaccione” di quello delle famiglie, ma la regione continua a chiudersi in una dimensione limitata da Rivoluzione Industriale mancata, tra l’omofobia spicciola e salamelecco al VIP rifatto da cinepanettone.
Attualmente la mia strategia é quella di lasciare l’Isola e l’Italia, invece che provare a mettere le mie skills a disposizione degli imprenditori locali, spesso dall’italiano stentato e diffidenti nei confronti della tecnologia e di internet.
Purtroppo non posso mettermi io a fare impresa, specie in questo momento e, purtroppo, forse non ne varrebbe nemmeno la pena.
Rilanciamo la Sardegna, ma partendo dalle chance date a ragazzi e ragazze come me, che vanno via perché abbandonati dalla propria terra.
Se in Sardegna anziché poligoni militari contaminanti e industrie che inquinano senza dare lavoro ci fossero organizzazioni turistiche e di ricezione a km 0, agriturismi che producono tutto all’interno (energia inclusa usando forme sostenibili!) o comprano il rimanente che serve da produttori locali, B&B e aziende agricole che sfruttano quello che il territorio offre, la crisi la si sentirebbe molto meno!
Mah, io sarei disposta ad una rivoluzione davvero per raggiungere ovunque quanto auspica Insopportabile, perchè l’Emilia Romagna, come il kashmir o Cuba sono messi nella stessa situazione della Sardegna. E’ una tendenza mondiale ed i pochi popoli che ancora sono toccati marginalmente dal consumismo e dalla globalizzazione stanno addirittura bramando di raggiungere (sbagliandosi enormemente).
Non è la crisi di questi ultimi 6 anni che ci ha portato a questo però, la caccia alla produttività a tutti i costi, allo sfrenato consumismo (che oggi costringe ad una concorrenza ai limiti della sopportabilità) nasce molto prima.
Forse, in Italia, “qualcuno” poteva fare a meno di volere per forza una Nazione Industriale nel panorama europeo, forse turismo e agricoltura potevano essere subito amplificati, forse…
Forse ci sono troppi forse, ed oggi ormai il passato è passato
Oggi ormai, o tutti andiamo nello stesso senso, o l’ingorgo non si sbroglia più, qualunque sia il senso scelto.
Ed io desidero muovermi solo nel senso che intende anche Insopportabile.
Aldo, non voglio per scelta parlare del passato. Voglio guardare avanti e con occhi e gente nuova. Questa classe politica con me ha chiuso.
Bibi, la speranza è fatta di persone, di idee, di voglia di non dargliela vinta. Crederci è obbligo morale.
Stefano, il tuor grido (colorato) di dolore è comune a tanti giovani pieni di energia e voglia di innovare che si trovano una classe politica retrograda se non mummificata. Il turismo è una potenzialità inespressa, anche quello Arcobaleno, ma nulla va avanti senza una regia illuminata e a lunga scadenza. Dispiace sapere che probabilmente anche tu ti aggiungerai ai tanti ragazzi che lasciano la propria terra perchè traditi dai loro padri e padrini.
Ma non è detta l’ultima parola. Siamo a un cambio epocale, la comunicazione e le forme democratiche diventano sempre più pane per i giovani e le mummie stanno per ritornare nei loro mausolei dorati dove non potranno più fare danni.
Lo spero, te lo auguro 😉
Angela, è esattamente quello che penso. Fare sistema, uno slogan di cui si riempiono la bocca i nostri ingordi politici. Abbiamo le risorse, manca la guida.
La volontà politica è ESATTAMENTE il problema.
Prendo ad esempio il comune di Iglesias, in cui ho la residenza e in cui voto sempre (e, purtroppo, troppo spesso): gli unici lavori che si trovano sono lavori poco qualificati e allocati in base ai risultati elettorali.
Il comune attualmente è nel limbo, ma è riuscito a incaricare una società di grafica e comunicazione per lanciare la raccolta differenziata dei rifiuti. Società di Pisa, se non erro.
Non so se ci siano sardi in mezzo, ma il risultato è niente di che e quei soldi andranno a persone che vivono a Pisa e li spenderanno in negozi di Pisa.
Tutto questo mentre manca assolutamente un coordinamento per quanto riguarda il turismo nel sulcis, non parliamo poi di info point per la città che, nonostante tutto, è frequentata da turisti biondi e glaucopidi.
Quando avevo progettato insieme al sindaco di anni fa una campagna per rilanciare l’annuale parata medievale in chiave multiculturale, la prima preoccupazione è stata quella di non disturbare l’integrità della gestione corporativa della parata. Manco fosse l’Expo.
La cosa è caduta lì. Poi è caduto lui. Poi è venuto il commissario. Poi è stato eletto un sindaco fantasma e adesso tornerà il commissario.
Nel mentre mi sono impegnato a Cagliari per rendere più attraente la città agli occhi del collettivo LGBT. Totale: circa 6000 presenze al Pride, ospiti ricercatori del CERN di Ginevra, Anna Paola Concia e delegazione di AGEDO nazionale.
E Iglesias continua a comprare gli elettori con schede telefoniche.
Daniela, fino a quando sarà il denaro l’unico metro di valutazione del progresso non ne usciremo mai. L’uomo è il fulcro e deve tornare ad esserlo. Vivere per guadagnare soldi non è vivere. I nostri bisogni non sono accumulare ricchezze ma godere del tempo e delle persone al meglio. 🙂
Finchè parli così sono disposta a seguirti in capo al mondo, però temo che siamo in pochi a pensarla in questo modo. Ci vuole l’apocalisse, allora i sopravvissuti assaporeranno nuovi valori, di vita vera.
Guardo la tua foto, la Sella del Diavolo (là, dietro, c’è una piccola palestra di free climbing) e penso a quando da quelle parti, qualche km più in là ci abitavo. Da ospite, che sono Sarda a metà e della metà più a nord dell’Isola. E ciò che adesso scrivi, io lo pensavo, meno concisamente forse, tanti anni fa. Perchè se vivi in Sardegna “fuori stagione” ti accorgi che non è quella dei depliant e quanto spreco di bellezza ci sia. L’Isola ha risorse, ha bellezza, ha magia, ha motivi per andarci tutto l’anno, per farla vivere tutto l’anno e di un turismo molto più colto, attento e “educato” di quello che trovi d’estate. Mancano cose, hai ragione. Spesso mi sono chiesta se queste mancanze fossero intenzionali: raggiungere l’Isola è molto costoso, troppo e ingiustamente; il “fare” nell’Isola in fondo non lo sarebbe, ma sembra che manchino le volontà. Non dei sardi, credo.
Ho amici che dalla Sardegna sono dovuti andare via. Ho un padre, che già molti anni fa, capì che restare non avrebbe portato a un granchè: mi racconta di una Milano nera di smog e ancora negli occhi le spiagge di casa. Dici bene, ripartire dalle persone. Dalle nostre persone (concedimi il nostre). Che poi sarebbe un esempio per tutti. Anche un guida illuminata sarebbe una bellissima novità.
Ci si abitua a tutto: la bellezza e la bruttezza.
Oggi la crisi è un dramma, ma diciamolo la Sardegna il boom economico non l’ha mai fatto, l’edilizia ha lavorato tanto negli anni 80-90 creando quello che ora è la Sardegna abitata: brutta. Fortunatamente non tutta.
I miei vivono a Quartu. Quartu è orribile. un ammasso di palazzine a due piani senza un minimo di gusto estetico e un centro storico che non esiste. L’intenzione di affidare un progetto di riqualificazione a persone competenti non c’è, mancano i soldi, la volontà, talvolta il gusto estetico sardo è solo affidato alla tradizione, concedetemelo non è abbastanza in un mondo globalizzato.
Quartu assomiglia al Kosovo. Mi dispiace dirlo.
Ovviamente le responsabilità sono da attribuirsi a una classe politica che non ha mai saputo guardare al presente, figuriamoci al futuro. Non abbiamo mai avuto una classe politica lungimirante. Solo ladri e impostori, pronti a giurare e sputare sulla bandiera sarda a seconda dell’occasione.
Mai un politico sardo che ci tenesse a essere ricordato in qualche piazza per il suo impegno, motivazione, capacità. Nessuno.
Uno schifo.
Non dimentichiamoci mai, che anche loro erano e sono sardi. Ognuno ha delle responsabilità. il popolo sardo non è solo vittima.
Come fare? una ricetta giusta non c’è. ovviamente una coscienza popolare motivata e unita con l’unico scopo di creare una terra migliore è un punto di partenza. C’è da rimboccarsi le maniche. Nessuno cambierà qualcosa per me. e quindi cercherò di cambiare qualcosa per me e di conseguenza per quelli che vedono l’idea di lavorare in un call center più dignitosa di quella di lavorare come pastori.
Ci sono da eliminare strati e strati di stupidità del popolo sardo. Ci sono. Non nascondiamoci dietro un dito. (in un’altra mail magari elencherò tutti i motivi per cui è bello e motivo d’orgoglio esser sardi)
TURISMO:
Il turismo della Costa Smeralda: i grandi alberghi aiutano solo le grandi abbuffate di mazzette e i grandi imprenditori. Non favorisce una conoscenza della cultura sarda che invece è fondamentale per creare una vera rete turistica. In Val d’Aosta vivono di turismo, tutto l’anno e hanno solo piccoli alberghi: il padre organizza le escursioni, la madre sta in cucina, la figlia sistema, accoglie, parla 3 lingue diverse e pulisce le camere. Sì non c’è nulla di male nel pulire le camere.
Nessuno sottolinea per esempio è che il più grande bacino turistico europeo è la Gran Bretagna. Gli inglesi, gli scozzesi, gli irlandesi. Viaggiano mediamente 4 volte più di noi. cercano quello che loro non hanno: Sole e buon cibo.
ma nessuno qua a Londra sa dove sia la Sardegna, devi descriverla come l’altra isola vicino alla Sicilia, sotto la Corsica, dove è nato Zola…allora capiscono.
Intanto noi continuamo a promuovere il turismo in Lombardia con fiere e quant’altro quando quel tipo di mercato è già conquistato, già conoscono. Soldi spesi inutilmente.
La promozione va invece fatta all’estero: in Germania, in Francia, In Olanda, in Inghilterra, nella penisola scandinava.
Devi creare un brand oggi se vuoi fare mercato. La sardegna ha
bisogno di essere valorizzata con finanziamenti pubblicitari, non si può sempre e solo lasciare tutto in mano ai privati. Lo Stato deve farsi avanti, c’è bisogno di Stato. Lo stato in Sardegna non si avverte e se lo si avverte è solo come un nemico da combattere.
Vivo a Londra da 3 anni e credo tornerò in Sardegna, che mi darò l’opportunità di vivere in Sardegna, aspettare che la crisi finisca non serve. Quindi tornerò a breve e spero di poter restare, nessuno dice che sia facile, ma facile vivere in Sardegna, non lo è mai stato, ora è solo più facile partire.
Francesca
p.s. Ogni errore grammaticale e di sintassi è da ricollegarsi necessariamente ala mia attuale incapacità di scrivere un italiano decente dopo questi anni passati all’estero e dalla fretta.
Se potete, scusatemi.
La Wising, la guida illuminata non esiste se non nei sogni. il progresso lo facciamo noi non accettando più i compromessi di una politica piccola, insignificante e triste. Lo squallore di chi promette briciole quando siamo seduti sull’oro. Le elezioni devono essere momento di svolta, ma non tra centrodestra e centrosinistra, ma tra chi sottoscrive programmi richiesti a furor di popolo.
Perfettamente d’accordo. E suoi programmi sottoscritti ci vuole un controllo diretto da chi li ha richiesti a gran voce: il “furor di popolo” deve restare attento e coinvolto, perchè poi è un attimo lasciar perdere, perdonare il solito “non fare”, gli alibi, le scuse, l’incuria e tornare alla rassegnazione.
Cara Francesca, altre parole per te non ne ho. Hai detto tutto meglio di come avrei potuto dire io. Dici che c’è bisogno di Stato ed hai ragione, ma lo stato non è mai intervenuto quando il danaro scorreva a fiumi figuriamoci adesso che non ce n’è.. in questo momento basta poco, comunque. Ci vuole organizzazione, coordinamento, regia, soldi spesi bene. E un’altra cosa fondamentale.
Visione.
Sono contento che tu rientri in Sardegna. Di persone come te c’è grande necessità 😉
In bocca al lupo.
Purtroppo mio caro hai aperto il vaso di Pandora.
Sai cosa ci dimentichiamo spesso noi sardi? La tradizione di cui ci vantiamo a ragione è stata un tempo novità. Novità assoluta e talmente bella da diventare tradizione. Se non valorizzi con freschezza la tradizione, la tradizione si trasforma in vecchio.
Questo è un momento epocale, abbiamo la possibilità di comunicare, anche io e te, la crisi è dovuta anche a questo, la possibilità di conoscere da parte del popolo le malefatte della Corte di Versailles. Se non ci fosse stata la rete, oggi saremo già morti, sepolti, dimenticati.
la consapevolezza e la trasmissione di informazioni ci porterà prima o dopo a una via d’uscita. Voglio essere positiva. Bisogna puntare sull’etico, sulla cultura, sul paesaggio sono progetti che richiedono tempo e dedizione…ma se mai si comincia si aspetta solo il collasso finale.
Un’altro problema importante è quello dello spreco di risorse. Sprechiamo di tutto dalle risorse umane ai capitali alle risorse naturali. Parliamo di migliaia di milioni di euro come se parlassimo di noccioline americane, Sono i nostri soldi, devono essere spesi e non solo bene ma cercando sempre di garantire un futuro alle generazioni successive, smettiamola di pensare che tutto si può risolvere in un anno finanziario, serve tempo, progetti lunghi danno i risultati migliori e duraturi.
Il turismo potrebbe essere la più grande risorsa, ma come ti dicevo come fai a venire in un posto che non sai dove è o ancora peggio se sai dov è non vuoi venirci perchè è solo starlette e milionari?
ti lascio con qualcosa che ho letto oggi ed è la maniera in cui vedo il popolo sardo oltre che quello che io mi auspico:
La sua testa era fatta di stelle, ma non erano ancora organizzate in costellazioni. (Elias Canetti)
Come dicevi tu una visione, dell’insieme ci aiuterà.
Francesca
io ho provato ad alzare la voce sulle tematiche turistiche evidenziando azioni sconsiderate con risultati fallimentari facilmente prevedibili. cosa ci ho guadagnato? attacchi continui da persone vicine al potere che non mi perdonano il fatto che sia in grado di pensare con la mia testa. l’ultima volta 2 gioni fa alla fiera i londra un funzionario regionale mi ha aggredita platealmente accusandomi di essere quella che ” fa sempre casino”. sono stanca ma io ci credo e faro’ di tutto perche’ la mia terra cresca. sono convinta che solo la consapevolezza digitale puo’ e deve arrivare dove gli altri hanno costruito un mondo di falsita’ per salvare il proprio status quo.
Copincollo sul mio (naturalmente col link) … e bravo, bravissimo
😀
Sono i politici e dirigenti sardi che bisogna cambiare.La politica industriale è stata una carneficina dal polo industriale di Ottana fino ad oggi leggi ALCOA.Non esiste un piano dedicato all’agricoltura,I pochi prodotti destinati a lasciare l’isola per essere conosciuti nel”continente è lasciato al più assoluto pressapochismo di piccole cooperative che non riescono ad entrare nei mercati generali perchè chiusi da sistemi mafiosi che ogni regione adotta per far acquistare esclusivamente i loro prodotti.Sicuramente non sono aiutati dagli organi regionali.Possibile che l’assessorato all’agricoltura o un qualsivoglia tecnico o come gli chiamano consulenti non siano all’altezza di proporre ed attuare un piano incisivo e in’attaccabile per vendere le merci prodotte in Sardegna?. La sardegna non è solo formaggi e carciofi.Sono trascorsi quasi cinquant’anni da quando ho lasciato la mia terra,a quanto sembra non è cambiato molto.Fatevi sentire,costringeteli a cambiare la Sardegna non è terra di conquista.
Marco, il problema della Sardegna è la mancanza di visione. Creare le premesse per un nuovo sviluppo con interventi nei vari settori ma coordinati da una unica visione d’insieme. È infatti inutile agevolare l’esportazione dei prodotti se poi, ad esempio, la Sardegna non è conosciuta da nessuno all’estero. O se gli stessi prodotti non vengono consumati neanche nel luogo di produzione. Una politica industriale è inutile, oggi. Perchè nei prossimi anni esisterà sempre un posto nel mondo dove produrre a minor costo. Dobbiamo puntare su altro gestendo la transizione intelligentemente. E dicendo intelligentemente escludo la classe politica attuale, ovviamente.
Reblogged this on rossaho.
Qui di seguito una mia intervista anche in merito allo spreco di risorse in Sardegna.
http://www.ilgiornaledellarte.com/fondazioni/articoli/2012/10/114526.html
Tutti i commenti postati registrano una situazione di fatto : l’incapacita’ genetica dei sardi di considerare l’isola una risorsa anziché un ostacolo; l’ignavia della classe dirigente politica e civile; il complesso di inferiorità, associato contemporaneamente a quello della “balentia” che fa perdere di vista i reali obiettivi. Vista da fuori la Sardegna e’ un continuo “potenziale”, ma diventa poi la fabbrica delle occasioni perdute : penso ai miliardi (!!!!) di euro ricevuti dall’Europa e non spesi per incapacità ; penso ai miliardi (miliardi) che sono ancora disponibili e che nessuno dei sardi reclama per l’isola (eppure sono allocati presso il ministero della coesione – e chi più della Sardegna ne avrebbe bisogno!)
Sono d’accordo con @insopportabile: l’unica via d’uscita e’ la consapevolezza che non bisogna scimmiottare modelli di consumismo anglosassone, ma difendere le proprie “originalità” con le unghie e con i denti e renderli un “brand” da far pagare caro: vuoi il mare più bello del mondo? Vuoi una delle cucine più straordinarie ? Vuoi eventi, religioni, siti archeologici, boschi incontaminati? Ebbene, tutto questo e’ Sardegna e ha un costo. I benchmark non sono Rimini o Riccione (peraltro geniali: senza spiaggia e senza mare hanno creato una fantastica alternativa !) ma paradisi come Fernando de Norogna (isola a numero chiuso in Brasile), e simili, dove gli alberghi sono “diffusi” ( vedere ad es. caso di S.Stefano in Sessanio- Abruzzo ) gestiti cioè dalla gente del luogo e per questo “autentici”.
Per far questo occorre pretendere che gli amministratori siano competenti, che i politici siano “illuminati” , altrimenti cacciarli a pedate; bisogna fare “rete” sfruttando al massimo il web (oggi l’isola e’ solo una categoria mentale, spesso un alibi per chi non si vuole impegnare) e chiamare a raccolta i cervelli “fuggiti” perché restituiscano all’isola quello che lei, malgrado tutto, ha donato.
Interessante alternativa allo sviluppo generico e barbaro, ma affidarsi ad un modello “da far pagare caro” è in contrasto con l’apertura globale che si auspica per far conoscere il “prodotto” da vendere, si rischia di rimanere ostaggio di chi “pagando caro” poi detta le regole del gioco, cosa già accaduta in Sardegna tra l’altro, con il pericolo concreto che una volta stanchi dell’esclusiva che si può pagare la si abbandoni, c’è sempre qualcuno che “costruisce” un posto migliore da qualche parte, creando di nuovo situazioni di ristagno.
Il mare non deve essere bello per poterlo far pagare caro, deve essere bello per attirare la gente, il paesaggio la natura le persone devono essere accoglienti ed incontaminati per farsi desiderare, non per farsi pagare.
Sono d’accordo con te su un punto: è necessario avere una visione. Su tutto il resto mi tocca fare l’avvocato del diavolo. Il problema non è la nostra classe politica, il vero problema sono i sardi e, mi sento di aggiungere, gli italiani in generale. Le persone che ci tocca votare, sono sardi, sono gente nostra, non alieni piovuti dal cielo. Sono piena espressione della cultura che ci circonda. Uno schifo di cultura, per certi versi, orientata al clientelismo, alla furbizia cieca di chi cerca solo il proprio vantaggio a scapito di quello della collettività. La quasi totalità delle persone che conosco si riempie la bocca criticando questo o quel politico, questo o quel malcostume e poi? E poi quando gli vivi a fianco per un po’ di tempo, ma spesso sono sufficienti alcuni secondi, ti rendi conto che si tratta di persone che alimentano il mostro, gli danno in pasto di tutto: accozzi, voti, immobilismo, evasione, abusi e molto, molto altro. Sai che ti dico insopportabile? Le tue sono davvero bellissime parole, ma hanno il peso di una piuma in assenza di gravità. Mi motivano meno del Cavaliere quando chiedeva il voto agli italiani promettendo milioni di posti di lavoro. Credo invece che sia necessario partire da qualcosa di molto più basilare. Ciascuno di noi deve di nuovo sentirsi responsabile di ogni singolo gesto che compie. E’ responsabilità civile che compete al singolo non accettare un posto di lavoro in cambio di un voto, non sfruttare conoscenze per scavalcare chi è in coda da mesi per un esame medico, lavorare bene per guadagnarsi realmente lo stipendio se si ha la fortuna di avere un lavoro nel settore pubblico (ma spesso anche nel privato)… potrei continuare ma sarebbe retorica. Fare sempre tutto questo, anche quando non c’è nessuno a guardarci o a esprimere la propria riconoscenza, anche quando sappiamo che altri hanno ricevuto la promozione che sarebbe spettata a noi perché (loro sì che sono “furbi”) si muovono con logiche diverse dalla nostra, accettare il fatto che, visti i tempi amari, sarà improbabile per noi fare la carriera che avremmo meritato per competenze e impegno, accettare anche il fatto che probabilmente qualcuno ci giudicherà male perché siamo diversi, siamo gente che non si fa comprare, magari poi, non si limiterà neppure a giudicarci, ci ostacolerà perché gli facciamo paura. Mantenere questa determinazione non è facile, talvolta è quasi impossibile. Credo però che non ci siano scorciatoie. O ciascuno di noi, per personalissima scelta, raccoglie questa sfida, o saremo costretti a tenerci la Sardegna e la classe politica che ci meritiamo e ci rappresenta appieno. E’ triste dirlo, ma la Sardegna che hai taciuto è quella dei sardi che incontro 365 giorni all’anno quando esco di casa, fa sorridere solo che loro non vi si riconoscano, quasi che non sia fatta a loro immagine e somiglianza o non sia il prodotto delle loro azioni. Forza, se domani leggerò negli occhi del mio vicino di casa almeno un filo di rimorso per la spazzatura che gli ho visto scofanare di nascosto il mese scorso a ciglio strada, vuol dire che qualcosa sta cambiando 😉 Io ogni mattina da allora mi sveglio con quella speranza.
Ah, un ultima nota sul mio vicino che credo moriate dalla voglia di apprendere: proprio ieri l’ho incrociato per le scale e ha preso a filosofeggiare imperturbato per almeno 15 minuti su quanto funzioni male il servizio di nettezza urbana del comune.
Gangnam, triste ma vera verità. Certo è che la politica la facciamo noi, sempre e comunque. Anche nel sentirci cittadini nel rispetto della legge. E’ vero, è facile cadere nelle tentazioni da scavalco di file o di accozzi, ma è anche vero che l’esempio dei politici e delle personalità ha un effetto devastante nei confronti delle nuove generazioni, spesso più che quello dei genitori. Non so, che suggerisci di fare, quindi? Sperare che cambi il sardo senza esempi e continuando a foraggiare un sistema alimentato a furbi?
Ancora una volta è un “fattore responsabilità” che mi arriva forte da queste riflessioni.
Responsabilità di dimostrare che l’innovazione puo’ avere una visione, un progetto capace di esaltare le qualità umane, emozionali, di nuove relazioni commerciali incentrate sulla fiducia, sull’onestà , sulla voglia di condividere.
Nuovi strumenti che si fondano su un basic professionale e mentale da recuperare, una sorta di archeologia dei saperi, che dell’artigianato recupera la costanza, la creatività, la cultura del lavoro e dell’applicazione per fonderla poi con nuovi linguaggi e nuove possibilità tecnologiche.
Gli strumenti tech potranno essere un propulsore di nuove possibilità se lo strumento verrà usato con intelligenza ed a integrazione di una visione collettiva inserito in un progettoi di lungo periodo che tenga conto di tutti i collegamenti intermodali di un industria complessa come il turismo, basando tutto sulla formazione, sul rafforzamento di una mentalita costruttiva.
Esattamente come le STL che in quanto soggetti coordinatori avevano svariate possibilità di creare delle azioni efficaci, ma necessitavano di una cultura dell’accoglienza appropriata e di un sistema generale che si fondasse sul concetto di bundling, interessi raggruppati e atti alla collaborazione.
Quando si analizzano altre nazioni a volte secondo me si sbaglia nel focalizzarsi su singoli elementi come ad esempio il sito nazionale turistico o una campagna marketing ecc, e non sul piano generale, per esempio analizzando l’Australia.
Questi paesi spesso hanno elaborato un master plan dove ogni elemento ha la sua importanza , e la collaborazione di strumenti e soggetti deve dare il massimo, con una cultura generale di accoglienza e cooperazione.
Per questo forse dobbiamo lavorare sulla cultura, sulla consapevolezza, in modo tale che i vari strumenti tecnologici a disposizione, o istituzionali come le stl possano funzionare al meglio, ed andare oltre un modello di Turismo Corporate che non può e non deve essere dominante se si vogliono veramente elevare i territori a rango di destinazioni turistiche di qualità.
Definire i territori, ricercarne le peculiarità, i punti di interesse ed eventuali grilletti emozionali non esplorati.
Creare un’ esperienza aperta, liberatoria, di dialogo, relazionata all’ambiente umano e naturale.
Ottenere l’aumento di consapevolezza sul territorio.un esperienza premiale, la collaborazione dei soggetti come valore e come incentivo che renda tutto più vario e completo.
Ottenere infine una preferenza, che sarà poi magari scambiata e comunicata, una intenzione di viaggio, una prenotazione, che porterà magari ad un reddito speso nella filiera, ed infine ad una visita concretizzata, ma forse soprattutto raggiungere e ottenere un innamoramento che aumenterà forza del brand e passione, e farlo con nuovi linguaggi, simbolici e immaginifici.
In questo senso ottimale un intervento e studio sul brand.
Mi viene in mente che un pò come intelligentemente suggerito nel libro Create di Pallera, anche in questo campo il marketing tradizionale necessita una evoluzione verso una comunicazione che sia un dialogo costante, un condividere valori spirituali ed emozioni con un mindset onesto di chi più che raccontare i territori vuole essere i territori.
Probabilmente per essere il plettro che muove le corde emozionali dei visitatori ci devi credere tu per primo, devi appunto ascoltare e dialogare sulle passioni ed i temi che in realtà ami.
Forse è finito il tempo di collezionare foto e slogan, forse una wow experience è possibile se ti predisponi con una mente aperta ed onesta.
Fatte salve le dovute qulaità dei servizi che poi si vanno offrire, un territorio vive fuori stagione se chi lo vive lo ama e lo sente veramente, insieme agli altri.
Creare la giusta propensione al turismo è più importante di qualsiasi strumento, una crescita culturale in questo senso vale tantissimo, e forse in questo modo finalmente potrò sfatare il mito dell’unica profezia che si autoavvera al contrario, ovvero la frase ” dobbiamo fare sistema” ed evitare lo spettro della “finestra rotta” quel fenomeno architettonico ma non solo per cui in un ambiente degradato, o in questo caso in difficoltà le persone vi si uniformano inconscimente.
Scusami se mi sono dilungato.
Di buoni esempi n’è piena la storia, non credo ne siano necessari altri per trovare ispirazione al cambiamento. Ma quello che voglio dire è che ciascuno di noi dovrebbe avere il coraggio di essere il buon esempio. Ho smesso da tempo di aspettare il buon esempio dai politici locali: non mi rappresentano. Il buon esempio è tutto quello che faccio, giorno per giorno, le scelte che compio, quello che produco con il mio lavoro. Tutto il resto è aria fritta. Io non so di te, insopportabile, magari fai lo stesso. E allora un giorno mi piacerebbe incontrarti davanti a una birra.
A questo proposito sono convintissimo che l’esempio quotidiano e personale senza chiedere nulla in cambio sia fondamentale. Non si tratta di compartimenti stagno, il Turismo è un ‘espressione della società e vive e si nutre dei suoi aspetti positivi e negativi. Non abbiamo bisogno di alibi politici perchè molti problemi sono antropologici e sociologici, non ci serve dare responsabilità a entità astratte o figure mitoilogiche come il Pepeone, Maria Petenedda, Barbablù dei bammbini, politici , dirigenti , italiani o altro in questo caso. La risposta se mai ce ne è una è dentro di noi, la nostra passione e la nostra voglia di rimetterci in discussione con impegno e determinazione. Nessuno può chiamarsi fuori o salire sulla cattedra per dare lezioni a meno che non ci salga metaforicamente per un cambio prospettiva come il prof Keating dell’attimo fuggente 🙂
A volte le soluzioni più introvabili sono proprio quelle davanti ai nostri occhi. Essere Isola (Geo-culturale) è sicuramente un pregio ed un vantaggio.
Volersi isolare per paura dello “straniero” è un’altra cosa.
Nel mondo anglosassone la “condivisione” (sharing) è parte fondamentale di tutti i processi di crescita e sviluppo.
Comunicare le proprie idee e ascoltare quelle degli altri, dal confronto ne guadagnano entrambe le parti.
In Italia abbiamo la brutta abitudine di non fidarci del prossimo e di segretizzare tutto per paura di farci soffiare le idee (o in alcuni casi per paura di fare una figuraccia).
Per crescere bisogna crescere insieme, dare per avere.
Uscire dall’isolamento per valorizzare l’Isola.